In generale nella vita

A com’ero ieri.

L’altro giorno guidavo, c’era un bellissimo sole.

Sono passata per corso Inghilterra, gli alberi erano spogli, ma il sole si rifletteva sul marrone dei loro rami; ho svoltato in Corso Stati Uniti, e lì invece mi è apparsa una sfilza di alberi in fiore, forse mandorli, non so, ma sembrava di essere distantissimi dai rami secchi di una curva prima. E subito mi è tornato in mente una riflessione che scrissi un anno fa in pratica, mentre riguardavo con nostalgia delle foto del mio viaggio in Giappone, ne avevo pubblicata una, raffigurante un ciliegio in fiore, ed eravamo pressappoco in questa situazione, chiusi in casa, ad aspettare che la pandemia finisse, ad aspettare di poterci incontrare per dirci “hai visto, è andato tutto bene, hai visto, ormai è passata.”

Dicevo, quella riflessione era stato il mio biglietto di auguri di Pasqua, perché in quei giorni pareva lecito tutto, sentirsi ramo, sentirsi fiore. A distanza di quasi un anno dicevo, e con lo stesso caldo sulla pelle della primavera in anticipo, mi sono poi fermata a guardare la magnolia nel cortile interno dello stabile in cui lavoro. Era proprio bella, e lì sotto, si stava proprio bene. E pensare che l’hanami, (la tradizionale usanza giapponese di contemplare la bellezza della fioritura primaverile), mi aveva sempre fatto sorridere, lo avevo pensato ogni volta che avevo sorpreso la mia guida giapponese Atsuko fare le foto di nascosto ai ciliegi in fiore, e mi stupivo, pensando fra me e me che tanto lo spettacolo è sempre lo stesso, ogni anno il ciclo della vita si compie, l’albero fiorisce e poi si spoglia, e non capivo il perché di tanto e rinnovato stupore. 

Hanami sotto la magnolia.

Ma questo è stato solo l’ennesimo ed ultimo (in ordine di tempo) segno che cambiare idea non è un dramma, le consapevolezze possono arrivare anche a distanza di anni attraverso le forme più disparate e nei posti più banali, io mi ritrovo in un cortile nel centro di Torino con un bicchiere di plastica in mano, a fotografare una pianta, con la gente che passa e che sono certa che pensi che cosa ci sia di bello da fotografare. E veramente, allora che cosa c’è di bello? C’è di bello che nonostante il brutto ci sia ancora qualcosa da catturare.

E c’è pure che dentro il bicchiere in plastica c’era il caffè della macchinetta, che senza zucchero fa schifo, e con lo zucchero pure. Non c’è via di mezzo, insomma, non va bene niente. Un po’ come le sensazioni che proviamo ultimamente, la settimana scorsa alle otto di sera sorridevo per una bella notizia, dopo mezz’ora la bella notizia era già vecchia, sorpassata da una notizia più nuova e guarda un po’, più brutta.

Le brutte notizie sono un po’ come alcune brutte pubblicità, che interrompono il finale della canzone sparata a tutto volume in macchina, arrivano sulla coda dell’ultimo accordo, devi smettere di cantare, abbassare la voce e cambiare canale.
A me il volume basso non piace, tranne quando devo fare un parcheggio in retromarcia, allora spengo tutto si, perché mi devo concentrare.

E non mi piace parlare a voce bassa, ho sempre parlato con un tono di voce alto, quando ero piccola c’è stato un periodo piuttosto lungo in cui avevo una tosse secca e costante, mia madre si preoccupò e mi portò da un logopedista, il quale le disse che parlavo (tanto) e ad un tono di voce che non era il mio, più alto, e che avevo le corde vocali usate come quelle di un tenore.

Chissà che poi la sfida, dopo un anno così, sia tutta lì, e la si capisce solo mentre si va avanti.

Tenere il volume alto e sorbirsi la pubblicità perché dopo arriva un’altra canzone, magari quella che si aspettava.

Ridere forte quando si ha voglia, perché in fondo sentirsi un po’ scemi in quel modo fa stare bene, e restare su quel momento, usarlo come zucchero per i giorni che verranno.

Stare in equilibrio, nonostante il resto.

Colorare un pezzo del disegno per volta.

Cercare l’aria che non finisce, “anche quando stai male”, come canta la Rappresentate di Lista, che per me doveva vincere Sanremo.

Chissà che la sfida sia, dopo un anno, provare a scegliere, per andare avanti.

Ed io, fra essere ramo o fiore, scelgo di provare ad essere fiore.

Ai miei pensieri, a com’ero ieri, e anche per me.


 

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