In generale nella vita

La cartella varie

In questa quarantena, ho scoperto di non essere molto creativa nel riordinare ed immagazzinare i ricordi. Anzi, lasciatemelo dire, proprio per niente.

Una delle interessantissime attività che sto svolgendo nell’ora pre -aperitivo, scelta non casuale, in quanto mi astiene dallo stazionare davanti al frigo in attesa dell’illuminazione, è l’archiviazione delle foto in cartelle con nomi il più possible circoscritti.

Ho realizzato infatti che il mio materiale fotografico è buttato alla rinfusa in cartelle rinominate con una data, tipo “scaricate il 08.04”, o più semplicemente dai nomi indefiniti, “foto miste”, “foto da aziendale”, “foto da personale”, risultato di anni di fretta e trascuratezza.

Questo lavoro di apri, commenta o commuoviti, a seconda dei casi, taglia, a volte cestina, oppure incolla nella cartella corrispondente, non solo sta prendendo più tempo del previsto causa durata del tempo di tutte le operazioni di cui sopra.

Perciò ho ritrovato montagne di materiale, foto che credevo perse, altre che credevo di avere, ed invece (ad oggi) non trovo da nessuna parte.

E mano a mano che procedo, le cartelle dal nome vago diventano contenitori di luoghi, giorni, e ricorrenze, che vanno ad arricchire e riordinare piano piano il mio archivio.

Ma più ordine faccio, più sbucano foto che non riesco ad inquadrare da nessuna parte. E dove vanno a finire queste foto? Nella cartella VARIE, ovviamente.

Che racchiude di tutto un pò, dalle serate in disco, a Pasquette varie, foto con persone che ho quasi perso di vista, che ho incontrato per caso, screenshot di frasi che ho trovato sui muri, foto che avevano un senso per chi me le ha mandate, e che voglio tenere.

In fondo, resto una nostalgica delle sensazioni.

E a cosa servono le foto, se non a fermare il momento, su di un pezzo di carta, o su di un pc, e suscitarci qualcosa, ogni volta che le riguarderemo?

Perchè le sensazioni sono tante, un pò come i mix che possiamo fare usando le erbe aromatiche della nostra piccola aiuola.

La stessa banalità dell’archiviazione fotografica l’ ho riscoperta nelle etichette apposte agli scatoloni nel mio ultimo trasloco (molti dei quali, ahimè, giacciono ancora lì).

Quelli su cui era scritto libri, quadri, borse, si sono rivelati facili da aprire, sia per tempistiche di apertura che per spazio di collocazione.

Mano a mano che la casa prendeva forma, svuotavo scatoloni.

Svuotavo scatoloni mano a mano che la casa prendeva forma.

E poi, mi sono accorta che il processo impacchetta, riempi, etichetta, scotcha, posa, apri, e svuota si era interrotto, quando le etichette VARIE sopra i relativi scatoloni hanno cominciato a circondarmi.

Varie. Di cosa poi? Varie e’ un’etichetta che vuol dire tutto e vuol dire niente. Perchè la parola varie, a ben pensarci, va sempre a braccetto con eventuali, che poi sono le cose che non erano elencate prima, tipo all’ordine del giorno. Ma in questi giorni surreali tutto mi pare eventuale, nel senso che tutto accade fuorchè quello che doveva essere all’ordine del giorno.

Perchè se fossimo stati in un periodo di “all’ordine del giorno”, tutti noi (o almeno la maggior parte) sarebbe stata a lavoro durante il giorno, avrebbe portato i piumini in tintoria al primo accenno di caldo, per poi maledirsi perchè sarebbe tornato a piovere, avrebbe incominciato a scoprire le gambe e le braccia, avrebbe aspettato il week -end per andare a cena fuori, o il ponte lungo per fuggire al mare.

Invece no. L’eventuale ha perso la sua identità. L’eventule esisteva ed esiste perchè esisteva l’ordine del giorno. Se quello non c’è più, anche se temporaneamente, l’eventuale scompare, e rimane solo la parola varie.

Che quindi contiene di tutto.

Come gli scatoloni, in cui ho trovato tutte le cite purcherie che mi porto dietro da anni, come le avrebbe chiamate mio zio Luigi- mio padre le chiama tuttora “les petites putanades”- di cui sono un’assidua collezionista.

Così la testa in gomma di Van Gogh è finita sul davanzale del mio bagno, le statuette prese durante le innumerevoli sortite in Africa sono onnipresenti – sulla cassettiera riverniciata in camera, sulla mensola vicina alla tv- alcune foto sono finite sulla cappa, il mio mondo esagonale, puntato di spilli rossi, tanti quanti i posti che ho visitato, giace semi addormentato dietro una mini lampada a led a forma di E  che non ho ancora acceso.

testa di Van Gogh e cite purcherie

Ma gli spilli rossi sono sempre lì, a ricordarmi che le cose varie sono anche anche quelle a cui più disperatamente ci aggrappiamo, in momenti come questi.

Sono quelle che quando le guardi fanno muovere quella cosa lì, dentro lo stomaco, fanno fare quel movimento impercettibile alle labbra, quella smorfia che diventa sorriso.

Le VARIE sono le cose che più mi sono mancate, in questi giorni in cui siamo stati chiusi tutti in lattina.

Le cose delle quali puoi anche fare a meno, evidentemente. L’ossigeno non è catalogabile fra le varie, per esempio. Come non lo è il pane. Non l’acqua, non il sangue nelle vene, non il cuore che batte.

Le varie sono le cose che stanno nel mezzo. Che non sai dove mettere. Per quello le butti alla rinfusa negli scatoloni, o se hai l’accortezza le avvolgi in un foglio di giornale. Per quello, per quella sensazione che non sai ancora come catalogare le incolli in quella cartella, e le lasci lì.

Anche la mia quarantena, sta nel mezzo, nelle cose che non so catalogare. Perché è stata piena di molte cose, e vuota di quelle stesse che se avessi accumulato, non avrei poi saputo dove mettere.

Ci sono stati giorni in cui mi sono svegliata molto presto, e sono riuscita ad andare a correre prima che la catena dei 200 metri legasse i miei piedi, e mi confinasse nel piccolo cortile di casa.

C’è stato il giorno in cui ho fatto il banana bread, ma poi non finiva mai e mi aveva nauseato, e l’ho condiviso con il vicino di davanzale.

Ci sono stati giorni in cui mi sono rotta le scatole di prendere il caffè da sola, di pranzare da sola, di illudermi di fare riso per due , mentendo a me stessa e dicendomi me lo tengo per domani– salvo poi mangiare tutto anche per un eventuale ospite inatteso.

Ci sono stati giorni in cui ho seguito tutte le dirette che potevo, ce ne sono stati altri in cui sarei stata tutto il giorno sotto il piumone.

Ci sono stati giorni in cui ho scritto molto, e giorni in cui l’ispirazione non arrivava neanche cercandola con lo scovolino del cesso.

Il mio umore ha sperimentato (ed ancora oggi lo fa) quotidiane montagne russe, attaccato com’è al primo sedile con carta moschicida.

Non si stacca, ma tutto si attacca a lui.

Tutto è dramma, tutto e’ noia un minuto prima, tutto diventa importante e non-posso-farne-a- meno- sessanta secondi dopo.

Ho fatto cose, le cui maglie ho disfatto subito dopo.

Ho scoperto che vale fare tutto, e vale anche fare niente.

Vale pulire i pavimenti, e ricordarsi dopo essere entrati con le scarpe sporche di fango perchè ha appena piovuto che c’era un motivo se la casa avesse un profumo di aceto di mele, e sedersi sul letto, e scoraggiarsi come se fuori dalla porta ci fossero tutti i mali del mondo.

Vale muovere le mani, ma vale anche tenerle ferme, mentre sorreggono il mento perchè alla tv sta parlando Conte.

Ho pensato che grazieaDio questo periodo non l’ho passato mesi fa, che altrimenti con l’irrequietezza che avevo addosso sarei durata due giorni, poi avrei sventolato bandiera bianca.

Non ho abbastanza foto da creare una cartella quarantena.

Non ho abbastanza oggetti che dovranno essere protetti da carta di giornale per paura che si rompano e che ho comprato su Amazon, meglio essere oculati sui soldi, eh.

Ecco perchè questo periodo, per me, finirà nelle VARIE.

Perchè e’ un ingombro che tutti abbiamo, in un qualche hard disk, o schiacciato in garage.

Perchè, oltre allo scatolone della leggerezza, è quello che ci portiamo dietro ad ogni trasloco e ad ogni formattazione. Una lezione che capita spesso di riaprire con un colpo di forbici o un clic di un mouse, sempre con l’espressione corrucciata di chi non ricorda cosa ci ha messo.

didn’t I

8 commenti

  • Elena

    Sai sempre centrare il punto. I tuoi pensieri sono un po’ quelli di tutti noi. Scritti magistralmente dalla tua sagacia e leggerezza! Arguta è simpatica. Senza banalità! Penso che lo ricorderanno i libri di storia questo periodo. Peccato che nessuno lo studierà perché alla fine si arriva sempre al secondo dopoguerra e mai oltre. E noi lo metteremo in un angolo remoto del nostro essere!

  • Ele Baudy

    La maggior parte si. Ma io sono convinta che quelli che già facevano un percorso di introspezione, dopo questo periodo lo faranno ancora più forte.

  • Adriana

    Ti leggo sempre con piacere…e dire che ho un sacco di cartelle varie ma non avevo pensato di metterci dentro questo periodo di quarantena.
    Io penso che né usciremo con ricordi diversi gli uni dagli altri, ma le migliori foto verranno dopo perché guarderemo il mondo con occhi diversi.

    Un abbraccio Mitica Baudy

  • Marta

    Io vivo di cartelle “varie”, sono una senza memoria se non fino al momento in cui senti un profumo, vedi un oggetto e tutti i ricordi viene liberata x sempre.
    Sei forte amica!!! Ci vediamo all’ora dell’aperitivo davanti al frigo chiuso.

Rispondi a Adriana Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi