In generale nella vita

Tommaso ed Oceania (parte 2)

Mia sorella si chiama Oceania, il nome l’ho scelto io, come il cartone della Disney.

Oceania ha la faccia seria, pochi capelli tendenti al rosso, gli occhi verdi, ma non è mangiona come me.

Se Oceania è arrivata, lo Zio Luigi è andato via, in un caldo sabato di luglio. Sento spesso dire dai grandi che le persone sanno quando è il momento di uscire di scena. Io non so se sia vero, so solo che da quando è andato ci sentiamo tutti un po’ più soli, come se la vita avesse abbassato il volume.

A me però il volume piace alto. Alto come quando a casa facciamo il gioco della sedia con Zia Franca- che continua ad essere un numero dispari– anche se Oceania più che giocare sta seduta su di una sedia e guarda la tivù, e ci sorride con i due denti sopra. Non lo dice nessuno, ma quella bambina è tutta denti. Io e Zia Franca ci rincorriamo attenti a non travolgerla, perché altrimenti le prendo.

Mettiamo quattro sedie colorate a formare un cerchio, io suggerisco a Zia il colore della sedia su cui ci si dovrà sedere, e lei lo dice a voce alta: Oceania rimane seduta sulla sedia verde, io mi siedo su quella che ho suggerito io, mentre Zia rimane in piedi e dice che ho vinto, l’ho fregata anche questa volta. Quindi io vinco sempre, e conto i punti alla fine di ogni giro.

Oceania sta sempre ferma, raramente si sposta. Ma lo vedo che mi segue, anche se da lontano. E quelle rare volte che mi sorride, lo fa con tutto quello che ha. I denti, appunto.

Zia a volte è presa dallo sconforto, perché ogni tanto pure i numeri dispari non si sopportano, ma mamma dice che fa la più bella vita, perché non deve rendere conto a nessuno.

Il numero uno poi, è un numero scomodo.

Su di lui ci sono molte aspettative.

È il primo di qualunque lista.

È il numero che decreta il vincitore

È la base di qualunque calcolo.

Ma è anche un numero tremendamente solo, perché se si moltiplica o divide per se stesso, sempre solitario rimane.

Buffo che la Zia sia nata il due, che però resta il primo dei numeri pari.

Lei festeggia il compleanno insieme alla Repubblica Italiana.

Quando faceva le elementari, il giorno del suo compleanno il nonno la portava a scuola in macchina, e le faceva credere di aver fatto mettere le bandiere fuori dal Comune per festeggiarla.

Lei ci ha creduto per un bel po’ di anni, fino a quando non ha visto in televisione la Parata del due giugno, realizzando che quel giorno, per compiere gli anni, fosse un po’ troppo sovraffollato.

Come i pranzi e le cene quando tutte le famiglie dei nonni sono riunite. Anche se siamo piemontesi, siamo tanti e rumorosi, e ci piace stare insieme. Nonna la sera è stravolta dal baccano e va a casa, mentre nonno è felice di poter chiacchierare ancora con nuovi parenti che arrivano sul tardi, così ricomincia a mangiare e bere e nonna non lo vede.

Dicono che io sia la sua versione in piccolo, per via degli occhi azzurri e dell’appetito.

Ma una versione mini della sua stazza di adesso, perché lui da piccolo era gracile e mingherlino, sopravvissuto ad una caduta dal balcone quando aveva due anni. Esentato anche dal servizio militare una volta raggiunta la maggiore età.

Ora però sono stanco, mi faccio portare a letto da papà, così ci addormentiamo insieme nel lettone.

Mi chiamo Tommaso, ho quattro anni, sono una Coccinella, e questa è la mia famiglia.

Racconto scritto nell’estate 2019, by Elena Baudino

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