In generale nella vita

Cara signora.

Anni fa trovai una frase scritta su di una maglietta, in un autogrill. Non comprai la maglietta, ma mi copiai la frase di fretta su di un pezzo di carta a quadretti con un pennarello giallo.

Anni dopo, googolai la frase, e scoprii che a scriverla era stato un certo Kahlil Gibran che, oltre ad essere l’autore de “Il Profeta”, è forse conosciuto ai più perché ideatore di molte delle massime che si trovano sulle cartine dei cioccolatini dei Baci Perugina.

K. Gibran

Tutto ha un prezzo, anche se non dovrebbe. Anche se non è bello dirlo, perché tutti vogliamo assomigliare a Don Chisciotte. Ma tutto diventa acquistabile nella misura in cui diventa merce di scambio. Persino i nostri giorni. Idealisti fino a quando non ne capiamo il prezzo. Nella mia vita ho trovato ben poche persone che hanno mantenuto il punto fino alla fine. All’inizio era tutto un “morte al tiranno”, ma poi quando era ora di tirare fuori la forca, si nascondevano nel primo fienile libero.

I princìpi, hanno un prezzo, anche se a tutti piace dire che no, non siamo in vendita.

In un articolo pubblicato lo scorso anno, la frase ” Non è per i soldi, ma per una questione di principio” appare nella lista delle 30 frasi fatte più utilizzate ed (amate) dagli italiani.

https://libreriamo.it/libri/le-30-frasi-fatte-piu-utilizzate-ed-amate-dagli-italiani/

Nel villaggio – vacanze in cui lavoravo, in Egitto, un principio poteva valere diverse cose. Poteva valere quanto il vestito delle bimbette egiziane che nelle prime ore del pomeriggio si facevano il bagno, e ridevano. Poteva valere quanto quel fiore di cactus che sbocciava solo per qualche ora per poi appassire. Poteva valere la tenacia di Anna, che ogni volta che usciva dall’ufficio andava a vedere se il fiore era sbocciato, e che non si azzardasse a farlo quando lei non sarebbe stata lì, ci diceva, per raccontarci ogni giorno di più quanto fosse meraviglioso il deserto.

Nel mio caso, un principio non sempre valeva queste belle cose. Nel mio mondo, nel mio piccolo villaggio, un principio costava un paio di asciugamani.

Non me la dimenticherò’ mai quell’ospite.

Aveva deciso di comprare una tinta per capelli (che a suo dire era stata spacciata per henne”dal venditore egiziano che gliel’aveva propinata e pertanto non avrebbe lasciato traccia di residui o macchie), e dopo essersi fatta un bell’impacco in testa, aveva avvolto la sua folta chioma in un turbante fatto di asciugamani del resort. Al motto di “il venditore egiziano non mi ha detto che poteva macchiare”, il giorno successivo me la ero ritrovata in assistenza, incazzata come una faina, perché non solo gli asciugamani erano rimasti macchiati, ma il resort aveva provveduto ad addebitare sul conto della camera il costo degli stessi che ormai erano da buttare. Costo dell’affronto, venticinque euro. 25 euro.

“Non è per i 25 euro, ma è il principio.”, continuava a ripetere la signora, il venditore egiziano avrebbe dovuto avvisarla, che lei non sapeva che la tinta macchiava.

Sotto il sole cocente, andai dal venditore egiziano, che mi aspettava nella tenda sulla sua collinetta, con il Corano fra le mani, e la pelle seccata dal sole. ” Scusami, non e’ per te, ma per favore puoi appendere questo cartello fuori dal tuo negozio?” gli chiesi, facendomi aiutare dal collega arabo. Sul cartello c’era scritto in italiano ed inglese che la tinta avrebbe potuto macchiare. Più lui sorrideva disponibile, più io mi sentivo cretina. Due persone che parlavano due lingue diverse, ma che in fondo la pensavano allo stesso modo. Ma non c’era modo di chiedere indietro i soldi al venditore, e neanche ci provai. 25 euro per lui erano tanti, mentre per gli stupidi, sono ben pochi. Altro che princìpi.

“Non è per i 25 euro, ma gli asciugamani sono rovinati, li dobbiamo buttare”, mia aveva detto il direttore.

Dopo un pomeriggio di tentativi falliti e sabbia nelle scarpe, dovetti tornare dalla signora.

“Signora, purtroppo non posso fare nulla per aiutarla, gli asciugamani restano sul suo conto da pagare.”

“E ma io non sapevo che la tinta macchiasse. Mi sto rovinando la vacanza, non faccio altro che pensare ai 25 euro. Ripeto che non è questione di soldi, ma è il principio, capisce?”

Da piccola mi chiamavano Mafalda.

Alla signora non potei mai rispondere. Le dissi che avevo fatto quello che avevo potuto. La osservavo mentre mangiava, e masticava, e pensava alle sue lenzuola, alla vacanza a suo dire rovinata, che volete che siano 25 euro. Avrà fatto una brutta scheda di gradimento, immagino, e se ne sarà tornata a casa con i capelli tinti e la bile gonfia.

A distanza di anni, ma di quale principio parlava, cara signora? Del principio per cui la tinta macchia? Nessuno glielo dice perché e’ una delle cose che ci vengono fornite nel pacchetto nascita: la tinta può macchiare, conosciamo a memoria il testo di “Fatti mandare dalla mamma” senza averlo mai sentito, mettiamo il mascara e non possiamo fare a meno di aprire la bocca, e così via.

Di quale principio parlava, cara signora? Perché se è vero che i princìpi sono basati su concetti o affermazioni alla base di una dottrina, di una scienza o di una disciplina, è altrettanto vero che lo sono anche di un ragionamento, o di una convinzione.

E mi permetta di dirLe ora, cara signora, che 25 euro non valgono un principio. Forse valgono un’opinione. Di una stupida. Ed anche quella purtroppo, la stupidità, viene fornita in dotazione nel pacchetto nascita, ma per fortuna non a tutti.

Un commento

  • Paola

    Grazie per questo testo. X quanto riguarda i 25 euro il tuo impegno per risolvere una situazione in modo positivo è lodevole. Per quanto riguarda la frase dei baci perugina penso che ognuno di noi valga in quanto persona.

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