Travel

Each moment is new / freeze the moment / Each moment is cool / freeze the moment

Chi dice che i sogni non fanno rumore, dice una grossa stronzata (o almeno io la penso così).
Portare avanti i propri sogni, fa rumore.
Cercare di realizzarli, fa rumore.
Cercare delle risposte, fa rumore. Porsi le domande poi, fa ancora più rumore.
Camminare, ridere, saltare, fa rumore. La vita fa rumore. I giorni fanno rumore. Le risate, se fatte bene, se vere, se dal cuore, fanno rumore.
Le esplosioni, fanno rumore. Moris è vecchia, qualche milione di anni, ma le due esplosioni che diedero un aspetto all’isola risalgono a circa settecentomila anni fa.
La prima, nella valle di Chamarel, ha creato la parte sud dell’Isola stessa. La seconda, dal cratere di Trou aux cerfs, ha dato vita alla parte centrale. Il nord, è stato formato dalla lava fuoriuscita da questi scoppi.



cratere di Trou aux cerfs
 

2 scoppi, di quelli grossi però. 5 città (Port Louis, Curepipe dove piove sempre, Quatre Bornes su tutte), 130 paesi. 65 km x 45 km, la vastità delll’isola. Circondata da montagne, colpa loro se quando arrivi a Port Louis ti si tappano le orecchie. Colpa della pressione.

 
La prima tappa del mio “rotolare verso Sud” è stato il lago di Grand Bassin, il lago sacro per gli hindù. Sulla strada si vedono ancora le luci che addobbano le strade che accolgono i centinaia di fedeli che si recano in pellegrinaggio, una volta l’anno.
Anche il Grand Bassin è la realizzazione di un sogno. Le divinità hiundù apparvero ad un povero religioso che dormiva beato e gli dissero “và, e cerca un luogo in cui ci si possa rimirare”. Lui cercò, trovò uno specchio d’acqua (di origine vulcanica) e fece l’affare.
 
lago sacro, veduta centrale, a destra micro- isolotto
Per non farsi mancare nulla, praticamente ieri ci hanno piazzato davanti due maestose statue hindu’, credo di circa 18 metri di altezza (1+8 =9, si ripassino i miei post dall’India del Sud)
 
statua finita a destra
 
 



statua da finire
Il lago è circondato da quiete, anche i turisti sono stranamente silenziosi e rispettosi del luogo. Un piccolo tempio con le statue delle divinità sporcate da sterco colorato e circondate da collane di fiori svela la natura religiosa del luogo, sorvegliato dal sacro toro Nandi, colui che vegliò sulla lunga meditazione di Siva, e lo protesse dal male. Il dio si isolò così tanto che quando tornò a casa, trovo un giovinotto ad aprirgli la porta, e avendolo scambiato per l’amante della moglie Sati, lo decapitò. Poi si scoprì che il giovanotto altri non era che il figlio Ganesa, e per farsi perdonare, gli concesse di rendergli una testa uguale a quella del primo essere che avessero incontrato: un elefante.
Dal sacro al profano: stessa strada, sempre diritto, e vomiti il verde, piantagioni di thè di Bois Cheri.

Distese (in)finite di foglioline verdi, stuzzicate con mano esperta da lavoratori che per la modica cifra di 7 rupie al chilo (per fare un rapporto 40 rupie=1 euro) scelgono quelle giuste (verde chiaro, e morbide al tatto).

raccolta a Bois Cheri
Qui i sogni fanno il rumore delle mani che frugano la busta per metterci dentro le foglie, che ci sia il sole, o la pioggia (siamo alla fine dell’estate, e gli acquazzoni sono improvvisi).

Verde il colpo d’occhio, verde che rilassa, verde come il sogno di un tempo che non c’è più.
La Gorge de la riviere noire ti sbatte indietro di mille secoli, ti regala quello che è stato, istantanea di quello che era l’isola, una volta, prima che arrivasse l’uomo.
 

colpo d’occhio sulla Gola del Fiume Nero
 
Un perdersi all’infinito, ed oltre, perché qui la fine non si vede, si può solo immaginare quello che c’è aldilà, come quando ero bambina, e credevo che l’orto del vicino di casa dei nonni arrivasse fino in America (poi dopo molti anni e pochi centimetri in più ho scoperto che finiva veramente dopo pochi metri, quasi potevi contare le falcate).

L’America è qui a Moris, o almeno il suo simbolo, la statua della Libertà. E’ qui in altezza perlomeno, perché l’altezza connessa a quel sogno (perché tutti i sogni, per chi li fa, sono alti, a modo loro) è scandita dallo scrosciare dell’acqua della cascata di Chamarel.



in ammirazione
non lo dico io
La cascata si trova all’interno del parco naturale di Chamarel, appunto, località famosa per il suo rhum, data la presenza di distese di canne da zucchero, che sanno non so perché di selciato bagnato, di un che di fragile, e poi per la presenza delle famose terre colorate, un insieme di interni di bottigliette come quelle che si vendono ai turisti, formate da residui vulcanici e minerali che uno sopra l’altro conferiscono ognuna il suo colore, creando un effetto unico nel suo genere. Unico anche perché sono un po’ come i Vandali, dove ci sono loro non cresce più nulla (scherzi a parte, è stato scientificamente provato che su questo terreno non sarà mai possibile far crescere piante)-
 
wild colours, Chamarel

 

I viaggiatori scattano foto, per trattenere i ricordi. Ma i viaggiatori trattengono il fiato, di fronte allo stupore, di fronte a ciò che li emoziona. Trattengono il fiato, trattengono gli attimi, premono pause. E si portano via tutto. Lo portano a casa, che sia quella da cui partono, quella a cui tornano, quella che si mettono in spalla.
Perché non tutti quelli che vagano si sono persi per strada (e Tolkien lo ha detto molto prima di me).
 
Dedicato a chi insegue i suoi sogni, anche se cade, e riparte con le ginocchia sbucciate. Ed ai progetti che ci stanno dietro.
 
E a Danilo, che ho conosciuto per caso in due serate torinesi, fra tanta gente, e grandi risate. Ha un progetto, raccontare quello che succede nel campo profughi Al Zaatari in Giordania, che accoglie ogni giorno migliaia di persone in fuga dalla guerra in Siria. Ha un progetto in testa, per poter dare una mano. E spero un giorno che mi possa raccontare come procede, magari con gli occhi che ridono.
 
 
 

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